La mappa e il territorio

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A che cosa serve una mappa? Questo è la settimana di rientro dalle vacanze, si disfano le valigie, si ripongono costumi e una volta si sarebbero riposte anche le mappe di viaggio. Ora non serve, ce le abbiamo, digitali e pronte all’uso, sul nostro telefono.

Allora cosa serve una mappa? Serve ancora? Serve, eccome, anche se ci sembra un oggetto vintage, come il clavicembalo e il dagherrotipo. Una mappa rappresenta uno spazio, aiuta ad orientarci. Una mappa decide cosa viene prima e cosa viene dopo, mi aiuta a capire dove parto e dove posso arrivare. Una mappa serve a dare una visione compatta, approssimata e simbolica del perimetro in cui ci muoviamo. Non fraintendiamo, approssimata non significa fatta male. Una corretta rappresentazione dello spazio deve rispettare:

  • l’equidistanza, il rapporto delle distante sulla carta corrisponde a quello nella realtà
  • l’equivalenza, il rapporto delle superfici sulla carta corrisponde a quello nella realtà
  • l’isogonia, che è una parola difficile per dire che l’angolo formato da due righe sulla carta corrisponde all’angolo della superficie reale

Solo che tutto questo lo può fare un solido, non un piano.

La mappa del mondo che vediamo dal nostro telefonino ha origine antiche, riprende la mappa di Mercatore, disegnata nel 1569 perchè usata come riferimento della navigazione. Per la navigazione è utile l’isogonia, ed è stata posta enfasi su questa caratteristica a discapito delle altre. Da lì in poi, è stata questione di abitudine continuare ad usare sempre la stessa rappresentazione.

Il risultato di questa applicazione, specialmente per chi non naviga (al di fuori del web, si intende), è un errore nella percezione degli spazi. Le dimensioni effettive non sono come quelle rappresentate. L’Europa è al centro e l’emisfero nord occupa i 3/4 della carta, dando una errata percezione dei rapporti fra i territori. L’india è più grande o più piccola della Scandinavia? E il Nord America rispetto all’Africa?

Nel 1973 lo storico Arno Peters ha proposto la sua mappa per recuperare una corretta rappresentazione del mondo.

Fonte: Associazione Sconfinando Bottega equo solidale

Sostenne infatti che una rappresentazione grafica distorta porta ad una percezione distorta. L’Europa come centro del mondo, i paesi economicamente avanzati più grandi e sproporzionati. In questa mappa tutti gli elementi sono rappresentati secondo le reali dimensioni e gli errori sono distribuiti regolarmente

“La nostra immagine del mondo geografico è falsa perchè si basa su teorie cartografiche che sono solo mezze verità e che a sua volta sosteneva il grande mito tuttora esistente: quello dell’Europa al centro del mondo.”

La nuova cartografia, di Arno Peters

Non sono bastati quarant’anni per scalfire questa abitudine. La nostra rappresentazione rimane questa. Intanto le nostre percezioni sempre più sono filtrate dalla tecnologia e mano a mano che gli atomi diventano pixel, rischiamo di fraintendere la realtà delle cose. E non c’è niente come la cultura e la formazione per sopperire a queste lacune

Per principio

Non ci si fa mai abbastanza caso, ma ciò che usiamo quotidianamente, ciò che mangiamo, ciò che compriamo, ha uno processo lungo prima di arrivare nelle nostre mani. Le informazioni che ci arrivano su chi lo ha confezionato, lavorato, modificato e a volte coltivato non esisono o sono frammentarie, come altrettanto trasparenti le condizioni in cui tutto questo avviene.

E’ normale che sia così? Per come siamo abituati, forse sì. Ma non è una condizione natuale, semplicemente una convenzione. Forse sarebbe corretto che i consumatori sapessero cosa succede nel processo produttivo di un bene, perchè sono corresponsabili del benessere o dello sfruttamento.

Ricordare i 10 principi del commercio equo e solidale permette a noi di fare acquisti più consapevoli e attenti e ci garantisce di quello che c’è dietro.

  1. Pagamento di un prezzo equo per un salario dignitoso
  2. Relazioni commerciali di lungo termine per avere una stabilità di reddito
  3. Pagamento anticipato per chi non ha accesso al credito
  4. Trasparenza e verificabilità delle condizioni di lavoro
  5. Sviluppo delle competenze per introdurre nuove tecnologie
  6. Informazione e sensibilizzazione
  7. Pari opportunità per uomini e donne
  8. Condizioni di lavoro corrette e sicure, come per orari di lavoro dignitosi e ambenti salubri
  9. Rispetto dei diritti dell’infanzia
  10. Rispetto dell’ambiente .

Sei sicuro che ciò che compri rispetti questi principi?

Tomato Revolution: lavoreresti per 4 euro all’ora?

Parte oggi fino la campagna promossa da Altromercato per fare conoscere una filiera biologica, legale e trasparente della conserva del pomodoro.  Un piatto di pasta può contrastare il caporalato? Noi crediamo di sì.

Balzano ciclicamente agli onori della cronaca episodi di caporalato, come ad esempio la strage di braccianti che ci fu nel 2016 a seguito di un incidente stradale

Fece molto clamore anche l’omicidio di Soumayla Sacko, bracciante irregolare, freddato perchè si era introdotto in una fabbrica abbandonata per rubare lamiera con cui costruirsi una baracca in una tendopoli.

E’ stata resa nota qualche giorno fa una indagine della Polizia di Terracina a seguito di denunce di alcune donne braccianti di origine indiana per sfruttamento, minacce e molestie sessuali. Il loro compenso è 4 € all’ora per un massimo di 18 euro al giorno, con turni che durano l’intera giornata. Una condizione che nessuno di noi sarebbe disposto a subire.

Le condizioni di sfruttamento e degrado in cui esseri umani sono costretti a lavorare e a vivere possono essere inquadrate a pieno titolo come forma di schiavitù. La presenza di queste sacche minaccia l’intero comparto agricolo e i diritti dei lavoratori regolari,  innescando una guerra di prezzi al ribasso dove anche la qualità del prodotto rischia di essere travolta.

Secondo il Rapporto dell’ispettorato Nazionale del lavoro, nel 2016 in Italia il tasso di lavoratori irregolari si aggira sul 50% e questo genera danni economici fino a 3.6 miliardi di euro.

A complicare ulteriormente la situazione, restando sulla filiera del pomodoro, solo un quarto del pomodoro con cui si realizzano passate e concentrati proviene dall’Italia, e una fetta equivalente proviene dalla Cina. L’impatto ambientale che genera il trasporto
di un prodotto abbondantemente disponibile è ingiustificato.
Come può un prodotto, il cui costo di trasporto ha una incidenza notevole sul prezzo finale, essere ancora competitivo  con il prodotto nazione? Come viene prodotto? A quali condizioni? Quali sono le caratteristiche organolettiche di un prodotto coltivato così? In sostanza: cosa ci mangiamo?

Un segnale può partire da noi, smettendo di acquistare secondo una logica al ribasso, ma valorizzando i prodotti che tutelano e garantiscono i diritti dei lavoratori.
Per sostenere la questa causa passa in Bottega e vieni a conoscere la promozione in occasione della Tomato Revolution

Foto: Avvenire

Cosa Resterà….

Che fatica organizzare qualcosa, ma ne vale sempre la pena, specialmente quando le persone sono così attive è partecipi. Grazie a Terra Equa Imola abbiamo rafforzato legami e scoperto alternative possibili ad una moda di sfruttamento e inquinamento

Riverblue

A guardare certi documentari vieni l’amaro in bocca. Non si capisce come sia possibile essere arrivati a tali livelli di inquinamento per colpa della industria della moda. La visione di Riverblue è stato un momento toccante per spingerci a fare qualcosa di più (se te lo sei perso puoi acquistarlo qui per una sciocchezza) Però non deve essere pessimistico il messaggio trasmesso, altrimenti ci sentiamo inutili e impotenti di fronte a qualcosa che in realtà può cambiare e migliorare..

Le alternative

Per non farci scoraggiare, diamo un’occhio a quelle che sono le alternative che abbiamo allo sfruttamento indiscriminato delle risorse. Abbiamo ospitato i ragazzi di Etico, che con il loro progetto diffondo gli abiti di progetto Quid e le Malefatte, abbiamo ospitato Serena Baldini che ci ha illustrato con Peace Steps come un sandalo possa essere uno strumento di indipendenza economica in una parte del mondo abbruttita da una insensata guerra territoriale.

Forse il capo di abbigliamento che più si sfrutta nella bella (sperando che arrivi stagione) è la maglietta. I bottega a breve saranno presenti nuove magliette che arrivano dal commercio equo e solidale

Pensieri al Vento

E’ la linea di abbigliamento 100% equosolidale a doppia firma, nata dalla collaborazione
di due cooperative di Commercio Equo e Solidale: altraQualità e Pace e Sviluppo (4passi.org)
Le T-shirts in cotone bio (certificato GOTS) e Fairtrade sono prodotte e stampate da Armstrong Knitting Mills – India, una organizzazione con elevati standard sociali e ambientali. Le maglie sono in 100% cotone Bio e Fair Trade.

O’PRESS

E’ un progetto di economia carceraria da cui nasce la collezione ‘Canzoni Oltre le Sbarre’ una linea 100% etica di T-shirt dedicata alla muisica di grandi Cantautori italiani.

Le T-shirt provengono dal circuito del commercio equo e solidale e la serigrafia è realizzata in Carcere, dai detenuti della V Sezione di Alta sicurezza della Casa Circondariale di Genova-Marassi, all’interno di un progetto che consente ai detenuti di essere socialmente attivi.

Con l’esperienza che ha maturato nel tempo questo progetto è aumentata e migliorata la capacità di produzione e la qualità. La Collezione 2019 presenta una nuova e impegnativa sfida: la stampa serigrafica in quadricromia. Una tecnica che richiede competenza, passione, grande attenzione e cura. In bottega troverete t-shirt della nuova linea ПРАВО, ispirate alle grafiche russe della prima metà del ‘900.

A breve le foto: seguiteci sulla pagina fb

Buon 8 marzo!

In occasione della Festa della donna si parla di gender gap e come l’economia tradizionale riservi un trattamento impari al “gentil sesso”.
Fino a cent’anni fa si pensava che le donne non potessero nemmeno occuparsi di imprenditoria, questa eredità culturale è dura a morire. Passi avanti ne sono stati fatti e importantissimi, ma bisogna perseverare.
Cercate una economia che valorizzi il lavoro delle donne? Ecco a voi il commercio equo e solidale:

☑️Il 65% dei lavoratori delle organizzazioni italiane di Commercio Equo e Solidale sono donne
☑️Il 36% dei Presidenti delle organizzazioni italiane di Commercio Equo e Solidale sono donne
☑️In queste organizzazioni con presidenti donne, la percentuale di lavoratrici donne sale al 80% dei lavoratori.